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Sei sicuro di non essere multipotenziale?

[vc_row font_color=”#000000″][vc_column font_color=”#000000″][movedo_title heading_tag=”h2″ heading=”h1″ increase_heading=”140″ custom_font_family=”custom-font-1″]Sei sicuro di non essere multipotenziale?[/movedo_title][vc_column_text text_style=”leader-text” css=”.vc_custom_1663137439079{background-color: #ffffff !important;}”]Almeno una volta nella vita, a tutti noi, da piccini, è stata rivolta questa domanda: cosa vuoi fare da grande?

Tutti noi, allora, abbiamo dato le risposte più disparate, talvolta anche improbabili, ed abbiamo cambiato idea a cadenza quasi settimanale: oggi voglio fare il benzinaio, dopodomani no, ho cambiato idea, la pediatra e così via.

Da più grandi ci è stato chiesto, già a partire dalla scelta della scuola superiore, di incasellare un po’ queste aspirazioni, indirizzarle almeno. Non a caso infatti durante l’ultimo anno di scuole medie si sceglie un indirizzo, una percorso scolastico che rispecchi a grandi linee il nostro orientamento, le passioni che abbiamo, se vogliamo anche i talenti e le inclinazioni personali.

La scelta dell’università poi restringe ancora di più il becco dell’imbuto: dopo cinque anni di scuola secondaria si dovrebbe più o meno avere chiaro da quali ambiti del sapere si è più attirati e, soprattutto, in quali si è più portati.

Per molti la scelta del percorso universitario è carica di ansie, la percezione, tutt’altro che superficiale, è di trovarsi di fronte ad una scelta cruciale, che determinerà il successivo corso della propria vita, se non altro di quella lavorativa.

Se tanti sono gli studenti che, nutrendo una passione totalizzante per un determinato settore, scelgono e percorrono con convinzione l’iter universitario, tantissimi altri o fanno fatica ad inquadrarne uno o annaspano nel selezionarlo.

Nel primo caso la difficoltà sta nel guardarsi introspettivamente ed identificare le proprie attitudini; nel secondo caso invece si riconosce di averne molteplici di vocazioni e si stenta nel sacrificare tutte le altre a discapito di una.

Gli appartenenti a quest’ultimo gruppo tendono spesso a riscontrare questo stesso affanno anche in fasi successive della propria carriera: cominciano un primo lavoro, magari in linea con gli studi fatti, ma si sentono attratti anche da altri ruoli, volendo anche in settori diversi. Spesso questi settori condividono un’anima comune ma le funzioni ed i compiti attribuiti al ruolo possono essere anche molto diversi.

Conosco diverse persone così e ciò che le accomuna, per quella che è la mia esperienza, è un sentimento: il senso di colpa.

Queste persone si sentono sbagliate, marchingegni inceppati da riparare, soffrono nel constatare di non riuscire a percorrere un tragitto una volta per tutte. Cominciano un progetto, lo portano avanti con dedizione per un certo lasso di tempo, poi ne incrociano un altro, risuona con loro, vorrebbero intraprenderlo ed è lì che scatta il senso di colpa.

La società ci ha insegnato a considerarli degli instabili: volubili, inaffidabili sotto sotto un po’ frivoli, non sanno cosa significhi impegnarsi a lungo e con determinazione per raggiungere un obiettivo.

E se invece di sbagliati fossero semplicemente differenti?

La magia del nostro secolo, della digitalizzazione e delle community virtuali, risiede nella possibilità , per persone che hanno sempre creduto di essere sole nel sentirsi in un certo modo, di incontrare altri simili e scoprire intere comunità.

E quando tante persone riconoscono di condividere un unico tratto di solito nascono le parole per dirlo, per dirsi a vicenda. La necessità di definirsi è un sentimento tutto umano d’altronde.

E’ figlia del nostro secolo, anche se il tema era stato trattato anche in passato, la definizione di multipotenzialità propria di quei soggetti che sentono di possedere differenti inclinazioni, talvolta anche molto diverse tra loro, e che scelgono di perseguirle. La loro carriera spesso somiglia più ad un itinerario che ad una strada: assumono un ruolo, lo riconvertono, lo scompongono, salgono di livello e poi si auto – demansionano.

A comandare è l’ispirazione ed anche il coraggio di adattare la propria carriera alle caratteristiche del momento presente e non viceversa: adesso, in questo momento, sono e desidero essere questo, dopo chissà.

Suggerisco, al fine di delineare meglio il profilo di questi soggetti, di seguire su Instagram la strategist e content creator Veronica Benini aka “Spora”: architetta di formazione, reinventatasi formatrice di empowerment femminile sui tacchi a spillo, riconvertitasi in strategist per le aziende e start – up, adesso è imprenditrice digitale e gestisce una piattaforma che offre corsi online per far nascere o crescere il proprio business.

Esempio vivente di multipod, così si auto – definiscono le persone multipotenziali, la Spora sul suo profilo social si fa testimone di percorso professionale alternativo lungo il quale è la carriera ad adattarsi alle esigenze, i cambi di rotta, le ispirazioni della persona e non il contrario.

Recentemente è nata anche una community che si propone come primo luogo d’incontro virtuale per i multipod italiani, al suo interno è possibile trovare anche tantissime risorse informative o di supporto alla pianificazione.

In chiusura ci tengo a precisare un aspetto: multipotenzialità non è, e quindi non va confusa con, caos evolutivo, l’incostanza dovuta ad un approccio disorganizzato al rapporto con sé stessi e con il lavoro. Responsabilità di ognuno è guardarsi dentro, approfondirsi se necessario con l’aiuto di un professionista, per distinguere la multipotenzialità da una situazione di disagio esistenziale.

Appurato ciò, come citano nella pagina principale della community Multipod Italia, se leggendo questo articolo ti sei chiesto se magari tu non sia multipod, nel 99,8% dei casi la risposta è: SI.

Benvenuto nel club![/vc_column_text][movedo_empty_space height_multiplier=”2x”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][/vc_column][/vc_row]

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